NO AGLI INCENRITORI, SI ALLA DIFFERENZIATA

Per saperne di più sulle alternative a discarica-inceneritore scarica questi documenti

lunedì 14 novembre 2011

Italia, ecco dove si muore di più


Ci sono luoghi in Italia, dove si vive di meno e ci si ammala di più e non sono né pochi né con pochi abitanti. A Brescia, per esempio, tristemente famosa per l’inquinamento causato dall’industria Caffaro, i morti con linfoma non-Hodgkin sono sopra la media regionale; se si vive a Massa Carrara c’è il 13% in più di probabilità di decesso rispetto al resto della Toscana. Questi luoghi si conoscono già e hanno un nome preciso: Sin, Siti di Interesse Nazionale per le bonifiche. Sono le aree in cui l’inquinamento industriale degli anni 50-70 ha destato la preoccupazione del Ministero dell’ambiente, ma in cui non sono mai stati fatti dei seri interventi di risanamento radicale, bonifica appunto. In tutto, ce ne sono 57 sul nostro territorio. L’Istituto superiore di sanità (Iss) ne ha selezionati 44 (21 al Nord, 8 al Centro, 15 al Sud) e finalmente è andato ad analizzare i dati di mortalità per 63 diverse cause, nei 298 comuni che cadono all’interno di queste aree. Risultato: in 8 anni, dal 1995 al 2002, l’inquinamento ambientale potrebbe aver contribuito alla morte precoce di circa 10mila persone. Ci sono quindi 5 milioni e mezzo di italiani (poco meno di un decimo della popolazione) che, a seconda di dove vivono, hanno acquisito una probabilità di morire più alta degli altri. Questi sono i dati principali emersi dal progetto Sentieri (Studio epidemiologico nazionale dei territori e degli insediamenti esposti a rischio da inquinamento), presentato il 9 novembre a Torino durante il congresso annuale dell’Associazione italiana di epidemiologia, e pubblicato da Epidemiologia e prevenzione. Come dovremmo interpretare questi numeri? Un modo ce lo suggerisce Fabrizio Bianchi, epidemiologo del Cnr di Pisa che ha partecipato agli studi.
Fabrizio Bianchi, è stato finalmente accertato che in alcune aree si muore di più a causa di falde e suoli contaminati dalle attività industriali?
"Sì, la mortalità in eccesso in tutti i siti considerati è stata di circa 10mila persone in 8 anni, ma sono 3.500 i casi eccedenti per cui esistono delle prove scientifiche sulla correlazione tra patologie e specifiche condizioni di inquinamento ambientale. Questo è il dato più solido che si poteva ottenere con le conoscenze accumulate finora".
Cosa significa questa cifra?
"È un indicatore complessivo di sofferenza di salute che dovrebbe preoccupare non poco chiunque abbia responsabilità di governo, nazionale, regionale e locale, ovviamente senza confondere i diversi livelli di responsabilità. Infatti, che il dato sia quello più incerto di 10mila o quello più solido di 3.500 morti per inquinamento industriale, chiama in causa prima di tutto nozioni di equità, di diritto alla salute e di giustizia ambientale, tutti temi su cui l’Unione Europea ha chiesto da tempo la massima attenzione agli stati membri".
Come è stato possibile determinare la relazione tra morti e aree?
"Invece che raccogliere i dati e produrre risultati e poi cercare di motivarli, come spesso è stato fatto in studi epidemiologici, qui si è lavorato al contrario.
In oltre un anno di lavoro sono stati analizzati gli studi, si parla di centinaia, più attendibili sulle correlazioni tra inquinamento ambientale e decessi, poi per ciascuna possibile causa di mortalità è stato stabilito se le prove accumulate finora a livello internazionale fossero sufficienti, limitate o inadeguate, e sono state considerate solo le prime due categorie. In questo modo i risultati possono essere sottostimati ma si limitano interpretazioni soggettive basate su evidenze deboli: per quelle 3.500 morti premature in più rispetto a quanto atteso, la probabilità che il decesso sia stato causato dalle condizioni ambientali è alta, anche se non si può escludere il contributo di altre cause".

Si riferisce alle condizioni socio-economiche o ad altri fattori?
"I risultati, presentati separatamente per uomini e donne, tengono conto della struttura per età (che potrebbe essere diversa nei Sin rispetto alle popolazioni regionali di riferimento, ndr.) e delle condizioni socio-economiche. Molti altri fattori di rischio, come le abitudini di vita, non sono considerati, ma altri come fumo, alcol, occupazione, sono stati tenuti in considerazione per stabilire come possano influenzare le diverse cause di morte. Quindi il cittadino ha a disposizione anche questi dati, che non è cosa da poco".
Avete proceduto in questo modo per tutti le cause di morte e per tutte le categorie di rischio presenti nei siti?
"Nel supplemento Sentieri di Epidemiologia e Prevenzione sono riportati dati specifici e puntuali sui principali rischi legati alle discariche, all’amianto, alle presenza di industrie petrolchimiche e siderurgiche, di raffinerie, di inceneritori, di poli chimici, di centrali elettriche, di aree portuali, di miniere e cave. Purtroppo molti di questi agiscono in quelle aree e sulle popolazioni esposte da molti anni, dal dopoguerra in poi".
Cosa significa?
"Che alcuni siti continuano a essere inquinati da decenni e che stiamo risentendo dell’onda lunga anche di industrie chiuse 20 anni fa. Il caso di Massa Carrara è rappresentativo. Chiudere gli stabilimenti non basta, è assolutamente necessario procedere con le bonifiche. Se non verranno effettuati interventi complessivi di risanamento ambientale, le persone continueranno ad essere esposte agli inquinanti e quelle più vulnerabili e più suscettibili continueranno ad ammalarsi e a morire prematuramente. Finora è stato fatto molto sul versante della caratterizzazione dell’inquinamento e molto poco sul versante delle bonifiche, salvo eccezioni. Molte delle operazioni effettuate o in corso non sono di bonifica ma di contenimento degli inquinanti, sicuramente importanti ma non risolutive".
Lo studio andrà avanti?
"L’Istituto superiore di sanità ha previsto la continuazione e l’evoluzione di Sentieri: per due terzi dei siti considerati ci sono i dati dai registri dei tumori, e per circa la metà quelli sulle malformazioni congenite. Per tutti i Sin c’è la possibilità di considerare i dati dei ricoveri ospedalieri".
Come vive la separazione tra ricercatore e cittadino?
"Da ricercatore ritengo che sia necessario fare altre indagini, per avere un dato sui rischi ambientali per la salute sempre più affidabile e meno incerto. Questa necessità che sento è tutt’uno con quella di eliminare alla base i fattori di rischio riconosciuti e usare precauzione con quelli più incerti, per dirla in breve, studi epidemiologici e conseguente prevenzione: questo tiene bene insieme il mio essere ricercatore con i diritti e doveri di cittadino".
Ma in una fase di crisi economica, come pensa che sia possibile trovare le enormi risorse per fare tutte le bonifiche di cui parlate?
"Si tratterebbe di investimenti produttivi sul lungo periodo, come abbiamo indicato in un nostro recente studio su costi e benefici delle bonifiche dei Sin Gela e Priolo (pubblicato sulla rivista Environmental Health, ndr). Qui, abbiamo stimato che una bonifica radicale potrebbe prevenire ogni anno 47 morti premature, 281 casi oncologici e 2700 ricoveri in ospedale: da un punto di vista strettamente economico, la prevenzione dei tumori comporterebbe da sola un risparmio del 72% sulle spese di trattamento sanitario. Proprio perché il Paese è in ginocchio, sarebbe il caso di capire bene dove investire".

Il documento completo si può trovare su:
http://daily.wired.it/news/ambiente/2011/11/11/inquinamento-italia-luoghi-malattie-sentieri-15673.html?page=2#content

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.